lunedì 19 dicembre 2011

Blu - Cobalto

ci si ricorda di quando abbiamo pianto e mai delle singole lacrime versate



Quelle lacrime ora sembrano come queste cicche di sigarette spente.
Ammassate dentro un posacenere di legno intagliato.

A cosa servono ora? Solo a profumare questa stanza con quell'odore ristagnante di tabacco bruciato e chissà cosa altro. Ma le guardo comunque.
Ogni sigaretta bruciata è una boccata di ricordi. Di quando nudi giocavamo a fare Adamo ed Eva nel giardino di lenzuola e cascate. E anche se avevamo peccato, noi comuni mortali, avevamo fermato il tempo e bruciato le divise.



Nell'osteria della nebbia, tra accordi di chitarra e pizza, tra le risate e discorsi, mi sentivo solo col tuo pensiero ormai astratto come il fumo o questa foschia che si cela dietro le mura.


E ora non ci sei. Rimangono solo le lacrime spente.
Nel silenzio del mio mondo manca il tuo.

sabato 3 dicembre 2011

La pentola - Idrogeno

Arrivano momenti della vita in cui perdi le aspettative del giorno, del domani, e la memoria diventa un nastro che si ripete all'infinito, come un graffio sul vinile che non permette la testina di andare avanti. Come se non ci fosse nulla dopo.
Non hai voglia di socialità, di startene a bere un aperitivo con gli amici, perchè quello che berrai e dirai sarà lo stesso del giorno prima, della settimana scorsa...
Preferisci il tuo letto, la tua cucina, la compagnia dei fornelli e delle tue sigarette. Una portata da cucinare per te stesso che ti impegni per ore, come un brasato o un bollito, che con i loro vapori ti inebriano più di un whiskey.
Poi arriva tuo fratello e ti domanda come sta il cuore. Gli rispondi come il solito. Nulla di cambiato, nulla da desiderare. Lui ti mostra la foto dei suoi figli, tu per loro sei lo zio. Ma si accende una luce dentro che ti parla. Un barlume di desiderio e speranza che malinconicamente scaldano un po il tuo animo. Tu scappi e fuggi a casa e prendi le pentole, apri il frigo, accendi il fornello, una sigaretta, affetti le carote e il sedano, sali l'acqua e metti tutto dentro. E vorresti mettere anche quella voce.
Si perchè quella voce ha ragione, ti ricorda ciò che vagamente eri e quello che volevi.
Ora sei un fottuto cinico che tira a campare pieno di rabbia e ansia che si tuffa nel vivere, o nel sopravvivere, in una realtà lontana da quello che un tempo sognava.
E in tutto questo tempo hai perso la capacità di amare, di fare le cose con le persone care, di dire ma si facciamolo anche se non ne hai proprio tanta voglia.

Sei pieno solo di rancore.







Ora la pentola borbotta... e non so cosa metterci dentro.

martedì 29 novembre 2011

Bruciarsi - Magnesio

Arrivati ad una certa età dovresti aver imparato che il fuoco brucia e che i coltelli ti possono tagliare.
A questa età dovresti aver imparato a chiudere le porte col passato.
Dovresti aver imparato anche a fregartene e a lasciare certe situazioni in un angolo del cervello e magari tirarle fuori tra qualche anno e farti rubare un sorriso che oggi hai perso.
Dovresti....
Ma per qualche strano meccanismo del tuo fottuto cervello oggi ti sei dimenticato che quel cazzo di fuoco brucia eccome...
Ti spari l'autostrada a 70 km orari dietro un tir con dietro due paia di gambe della Intimissimi ma nemmeno le caghi.

I pensieri sono come le miccette che sparavi da piccolo verso capodanno. Solo che ne hai un bidone pieno e qualcuno ha buttato dentro un cerino acceso. E invece di prendere l'estintore o di scappare ha preferito rimanere li e vedere il botto.
Ora ho la mente ustionata...
Tutto perchè ti senti come Cassandra... ma dovresti lasciare... morire queste convinzioni...

lunedì 28 novembre 2011

La statua - Calcio

Cambiano i paesaggi intorno a te
quelli che vedi scorrere dai finestrini di un treno
quelli familiari che ti han accolto
quelli che ti han rifiutato
quelli che ti han ospitato durante le fermate della tua ricerca
quelli che alla fine hai pensato fossero perfino il capolinea.
Ma tu ti senti immutato
su questo treno che va
solo invecchiato
come una statua immobile che si sfarina
ma che ancora ricorda l'istante del lancio del disco.
Un disco mai lanciato.
Saldo ancora tra le mani, sudate e intorpidite.

mercoledì 23 novembre 2011

Autunno - Arsenico

Poche ormai son le foglie rimaste sugl’alberi. E a poco a poco cadono aiutate da una leggera brezza o dal peso della rugiada del mattino.
La natura si sveste e riaffiora la malinconia di un paesaggio spoglio e crudo. Una visione di ciò che c’è ma che l’occhio non vede quando è sereno come la primavera e l’estate. Perché la malinconia è questa, vedere nel profondo di se stessi e di ciò che ci circonda. Gli alberi infondo non sono un tronco marrone e una chioma verde, come quei disegni che si facevano sui banchi delle elementari, usando i pastelli a cera che rallentavano il tratto lasciando non solo il colore ma anche la sua sostanza.
Un uomo quando non ama è come l’albero che vedo fuori dalla finestra. Nudo di ogni essenza, preparato ormai all’inverno, al buio e alla solitudine del freddo. Al suo cospetto i sogni decaduti, le speranze ormai ingiallite dal tempo, decomposte in forme ormai lontane da quelle che tratteneva a celar la sua tristezza.
Certo la speranza della primavera, quella prossima dopo il gelo, c’è. Ma gli inverni sembrano cosi lunghi ormai. Il sole latita sempre più, come pure i colori accesi e se prima in casa si stava solo per dormire o mangiare qualcosa, ora diventa una tana per un letargo dove i rami spogli son più evidenti,  e anche se sei fatto della stessa fibra della quercia nulla puoi con la malinconia del ricordo delle esperienze passate, degl’amici trovati e persi, degl’amori assaggiati forse semplicemente in un’illusione e poi spariti nel silenzio, o peggio, nelle scelte di cui non hai avuto peso. E ci sono attimi in cui metti in discussione tutto, perfino i complimenti e i pareri positivi che hai collezionato negl’anni, le logiche che muovono il tuo pensiero e la morale. Incominci anche ad odiare il tuo corpo, i tuoi occhi che seppur belli non ti fan vedere nulla. Come le foglie per l’albero cadono le tue certezze senza pensare più alla primavera. Alla fine vorresti cedere che sei stato battuto dal pregiudizio, dal vento della socialità, dalla rugiada della tua storia, dalla goffaggine del tuo corpo, dalla logica del tuo pensiero, dal fatto che mentire è meglio, come rubare è meglio di guadagnarsi onestamente il tuo riconoscimento. Riprendi le fila della memoria e ti accorgi di quanta e troppa vemenza hai messo nei rapporti quando avresti dovuto dire solo mi dispiace e lasciar correre le parole ascoltate come sospiri di vento senza che quell’aria ti entrasse dentro.
Ti spogli nudo come quella quercia e ti metti davanti lo specchio e ti guardi. Guardi le tue forme distorte, reali, senza senso, come l’amore. Apparenza che dice ma non dice nulla. O tutto.
Ma l’amore è bugiardo e come l’immagine riflessa tu non puoi fare a meno di credergli.

lunedì 21 novembre 2011

Inchiostri - Ferro

La vita è come un libro. Ha un inizio e una fine. Ma i libri son fatti di paragrafi, capitoli e la fine di ognuno di essi segna l'inizio di uno successivo.
C'è chi decide di far della propria vita una serie di innumerevoli capitoli che magari all'apparenza non hanno un filo conduttore, altri invece fanno in modo che i capitoli siano lunghi, anche attraverso attese o accidie. O perchè non sanno cosa scrivere, perchè privi di fantasia o di voglia di fare o semplicemente perchè han perso quella vitalità fatta di sogni e desideri.
Ma non sempre i capitoli finiscono per mano propria. Finiscono perchè alla fine si interagisce con altre persone. Le vite si intrecciano e ne nascono momenti a se che magari saranno lunghi , libri nel libro, ma poi per volontà di uno terminano lasciando solo i ricordi, belli e brutti, che daranno il là al dopo, al successivo.
Quando ciò accade, se sei fortunato lo capisci subito, te ne fai una ragione e continui a scrivere. Ma spesso la parola fine è scritta con l'inchiostro del silenzio e del tempo che ti lascia li dubbioso sul come fare. Una serie di puntini di sospensione che magari riempiono intere pagine del giorno in attesa più di una lettera, frase che della parola fine. Certo che l'esperienza passata riesce in qualche modo a far si che quei puntini siano sempre meno, come le pagine "sprecate". Ma quando capita lo odi un po quell'inchiostro.

Esperienze - Carbonio

Tenere in braccio un bambino di pochi mesi, in modo continuativo durante il giorno e per alcune settimane, lascia dentro se una sensazione difficile da descrivere.
Un incoerente susseguirsi di emozioni e desideri, di certezze e prese di posizioni che spaziano tra il desiderio di averne uno tuo, frutto dell’amore e del tuo sangue, e una sottile paura di non essere capace di dargli ciò di cui ha bisogno quando piange e ti strazia il cuore, lacerandoti dentro, senza capire e sapere cosa puoi fare per dargli la tranquillità persa pochi minuti prima.
E vivendone la quotidianità della sua esistenza questo mix sembra un vortice che ti risucchia in pensieri contrastanti che alla fine non hai più questa fretta.
Eppure guardi il suo viso e il suo sorriso mentre ti fissa che sembra dirti “zio sto bene con te”. E gli dai un bacio sulla fronte, le canti le canzoni della tua infanzia, sorridi alle battute del padre che vede per lei un futuro radioso ma bizzarro. E vivi quel sogno e quel desiderio placandone quell’attesa che poche settimane prima ti attanagliava.
Certe esperienze gratificano ma fanno riflettere. E per realizzare questi sogni, anche se farciti di paure e domande, bisogna essere in due, due non estranei che vivono l’apparenza di un rapporto creato perché andava fatto, ma perché vero e non subordinato ad uno o all’altro.

Queste esperienze cambiano, ci cambiano un po dentro. Non hanno l’arroganza di definirci ma illuminano da prospettive che fino ad ora avevi semplicemente immaginato ma che lasciavano in ombra alcune emozioni.