lunedì 21 novembre 2011

Esperienze - Carbonio

Tenere in braccio un bambino di pochi mesi, in modo continuativo durante il giorno e per alcune settimane, lascia dentro se una sensazione difficile da descrivere.
Un incoerente susseguirsi di emozioni e desideri, di certezze e prese di posizioni che spaziano tra il desiderio di averne uno tuo, frutto dell’amore e del tuo sangue, e una sottile paura di non essere capace di dargli ciò di cui ha bisogno quando piange e ti strazia il cuore, lacerandoti dentro, senza capire e sapere cosa puoi fare per dargli la tranquillità persa pochi minuti prima.
E vivendone la quotidianità della sua esistenza questo mix sembra un vortice che ti risucchia in pensieri contrastanti che alla fine non hai più questa fretta.
Eppure guardi il suo viso e il suo sorriso mentre ti fissa che sembra dirti “zio sto bene con te”. E gli dai un bacio sulla fronte, le canti le canzoni della tua infanzia, sorridi alle battute del padre che vede per lei un futuro radioso ma bizzarro. E vivi quel sogno e quel desiderio placandone quell’attesa che poche settimane prima ti attanagliava.
Certe esperienze gratificano ma fanno riflettere. E per realizzare questi sogni, anche se farciti di paure e domande, bisogna essere in due, due non estranei che vivono l’apparenza di un rapporto creato perché andava fatto, ma perché vero e non subordinato ad uno o all’altro.

Queste esperienze cambiano, ci cambiano un po dentro. Non hanno l’arroganza di definirci ma illuminano da prospettive che fino ad ora avevi semplicemente immaginato ma che lasciavano in ombra alcune emozioni.

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